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Se sei una donna, potresti soffrire del rettocele: una patologia estremamente invalidante, cronica e di gravità progressiva, che dovresti al più presto diagnosticare e contrastare.

Se vuoi scoprire come è possibile risolvere in maniera positiva questa seria patologia, continua pure a leggere questa pagina: contiene importanti informazioni che potranno esserti utili per prenotare una visita specialistica ed iniziare il tuo personale percorso terapeutico.

Cos’è il rettocele?

Rettocele - Piano sagittale e comparazione
L'anatomia interna femminile (piano sagittale): a sinistra la condizione anatomica normale, a destra la condizione in presenza di rettocele

Il rettocele è l’erniazione del retto, ossia l’ultima parte dell’intestino crasso, nella cavità vaginale.

Per ovvia conformazione anatomica di caratterizzazione sessuale, è una problematica che affligge esclusivamente il sesso femminile, e spesso è associata al prolasso di altre parti o organi del basso ventre, dando origine alla sindrome del perineo discendente.

Il rettocele è una delle patologie da prolasso più invalidanti per una donna: ha importanti effetti non solo sulla defecazione, ma sull’attività sessuale ed anche sulla continenza urinaria.

Lo scivolamento del retto nella vagina è causato dall’indebolimento del pavimento pelvico, ossia tutta la struttura di sostegno dell’uretra, della vescica, dell’intestino retto e dell’utero.

Si stima che la gran parte delle donne dopo i 40 anni, specie se già puerpere, vadano incontro ad almeno il grado più lieve di rettocele (sovente, asintomatico).

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A seconda della sua gravità, identificata a sua volta clinicamente con l’entità totale del prolasso, il rettocele viene convenzionalmente diviso in tre forme:

  • Rettocele di I grado
    Forma lieve, in cui solo una ristretta porzione di retto invade la vagina.
    Generalmente è asintomatico, ed è una condizione molto ricorrente nella maggioranza delle donne dopo i 40 anni che hanno già partorito;
  • Rettocele di II grado
    Forma moderata, in cui la porzione di retto che invade la vagina comincia ad essere consistente, spesso fin quasi a coprire l’apertura vaginale;
  • Rettocele di III grado
    Forma grave, in cui il retto fuoriesce dalla vagina. La parete retto-vaginale risulta totalmente collassata e priva ormai di alcun supporto

Il rettocele è una patologia che può insorgere a qualsiasi età, ma statisticamente ne sono maggiormente affette le donne sopra i 40 anni, già puerpere.

Il rettocele non va confuso col prolasso della vescica (cistocele) o il prolasso uterino, anche se può condividerne la causa comune scatenante, cioè il cedimento del pavimento pelvico e delle relative strutture di sostegno.

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Cosa causa il rettocele?

Il rettocele si manifesta per sfibramento delle strutture del perineo e, specificamente, per il cedimento della parete retto-vaginale.

Ciò solitamente avviene per uno stiramento traumatico di muscoli, legamenti e tessuto connettivo della zona pelvica, che si indeboliscono e perdono d’efficacia di supporto.

Questi traumi sono generalmente causati da:

  • Parto o più parti vaginali, con complicanze o travaglio particolarmente lungo e sofferto;
  • Stipsi cronica;
  • Obesità;
  • Pratica di sport con eccessivi sforzi a carico del pavimento pelvico (esempio: sollevamento pesi);
  • Lavori usuranti con sollevamento di oggetti pesanti;
  • Bronchite cronica

Tutti queste cause scatenanti provocano ripetuti episodi traumatici, sia della medesima tipologia (ad esempio, una serie di parti vaginali) oppure di tipologia mista (ad esempio, stipsi associata a lavori usuranti con sollevamento di oggetti pesanti), che sfibrano poco a poco le fibre del pavimento pelvico.

Usualmente, un singolo evento traumatico (entro certi limiti d’intensità) non è sufficiente a danneggiare permanentemente le fibre muscolari ed il tessuto connettivo della zona pelvica: occorrono una serie ripetuta di traumi diluiti più o meno regolarmente nel tempo, per provocare un danno permanente alle strutture anatomiche del pavimento pelvico.

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I fattori di rischio del rettocele

Alle cause scatenanti del rettocele, possono essere associati diversi fattori di rischio, la cui natura è stata ampiamente dimostrata dalla letteratura scientifica:

  • Alto numero di parti vaginali
    Viene considerato il fattore di rischio primario per il rettocele, poiché ogni parto indebolisce sistematicamente il pavimento pelvico.
    La statistica clinica conferma che le donne pluri-puerpere hanno molte più probabilità di sviluppare il rettocele rispetto alle donne che non hanno mai partorito, oppure che hanno partorito solo una volta.
    La statistica diventa ancora più infausta se paragonata a quella delle donne partorienti con parto cesareo;
  • Invecchiamento naturale
    Secondo fattore di rischio, per importanza, è dato dal naturale invecchiamento fisiologico.
    Dopo la menopausa, la ridotta produzione di ormoni estrogeni causa un indebolimento dei muscoli del pavimento pelvico.
    La conseguenza dell’indebolimento non è solo il rettocele, ma anche il prolasso uterino ed il cistocele;
  • Propensione genetica
    Alcune donne soffrono di patologie congenite capaci di alterare la quantità e la qualità del collagene, la proteina naturalmente presente nel tessuto connettivo.
    Ciò causa una conseguente bassa qualità del pavimento pelvico, che diventa così facilmente soggetto a lacerazioni

Questi fattori di rischio, se uniti alle cause scatenanti, possono aumentare sensibilmente la probabilità di sviluppare il rettocele.

Di tutti e tre i fattori di rischio principali, solo uno può essere controllato con la prevenzione, ossia il numero di parti vaginali.

Dei restanti due, uno è fisiologico e l’altro è genetico, quindi entrambi risultano non modificabili con una profilassi comportamentale, alimentare o farmacologica.

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I sintomi del rettocele e le principali complicanze

l rettocele è una patologia degenerativa e, solitamente, progressiva.

I sintomi ed i disagi per la paziente variano molto in base non solo allo stato d’avanzamento del prolasso, ma anche su base personale: alcune pazienti sperimentano infatti profonda prostrazione anche in presenza di rettocele di modesta entità e altre pazienti, invece, non manifestano particolari disturbi seppur affette da rettocele di maggiori dimensioni di prolasso.

Solitamente, il rettocele di I grado (il più comune) è asintomatico, al punto che la paziente non si rende neppure conto di esserne affetta.

All'aumentare del prolasso del retto nella vagina, aumentano conseguentemente i sintomi, che possono essere:

  • Sindrome da ostruita defecazione, con difficoltà a espellere totalmente le feci;
  • Tenesmo, cioè la sensazione di non aver del tutto evacuato oppure di avere lo stimolo ma di non riuscire ad evacuare;
  • Sensazione di costante peso e di pressione a livello del retto;
  • Dolore e sanguinamento durante il rapporto sessuale;
  • Sensazione di ‘corpo estraneo’ (o ‘massa estranea’) in vagina

Non tutti i tipi di rettocele danno gli stessi sintomi, e la loro intensità varia da soggetto a soggetto, anche in relazione alla gravità del prolasso.

Tra i sintomi di un rettocele avanzato, spicca tra tutti la difficoltà ad espellere totalmente le feci: una complicanza comune a molte donne affette da rettocele di secondo o terzo grado che, tra le tutte, risulta particolarmente invalidante.

Spesso la paziente deve provvedere all’aiuto manuale per riuscire a svuotarsi completamente, in quanto le feci tendono a rimanere incastrate nella deviazione 'a conca’ del retto che si forma nella cavità vaginale.

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Come si effettua la diagnosi del rettocele?

Rettocele - defecografia
Il rettocele evidenziato dalla defecografia

La diagnosi del rettocele è prevalentemente clinica: basta infatti una visita ginecologica o proctologica specialistica per constatare lo stato del pavimento pelvico, confutando o meno l’ipotesi del rettocele.

A completamento dell'esame clinico, può essere utile eseguire un'ecografia endo-anale o endo-vaginale e, nel caso di ulteriori dubbi, una risonanza magnetica nucleare.

Anche la defecografia può essere utile al medico per arricchire e completare la diagnosi iniziale.

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La terapia per il rettocele di tipo riabilitativo e medico

Il rettocele è una patologia degenerativa, la cui terapia dipende dal grado di gravità del prolasso e, essenzialmente, dalle complicazioni che esso da alla paziente.

Rettoceli di lieve entità e non asintomatici, molto comuni nella maggioranza delle donne puerpere che hanno superato i 40 anni di età, raramente necessitano di terapia.

Per essi, sono sufficienti regolari controlli e delle contromisure comportamentali, quali:

  • Controllo del peso corporeo e dell’accumulo di grasso;
  • Pratica costante degli esercizi di Kegel;
  • Astensione dagli sport faticosi o dall’attività fisica che richiede il sollevamento di oggetti pesanti

Per i rettoceli dal secondo grado in poi, la terapia medica può configurarsi nell’assunzione di estrogeni esterni, da considerarsi preferibile nelle donne che hanno già raggiunto la menopausa.

L’assunzione degli estrogeni aiuta a rafforzare i muscoli pelvici, ed aiutano a migliorare l'efficacia degli esercizi di Kegel.

Il pessario è un anello di gomma, elastico, da inserirsi nella vagina.

Aiuta a comprimere la parete vaginale e a contrastare così gli organi pelvici che tendono ad estrudersi nella vagina.

Può essere prescritto come temporaneo strumento di sollievo per rettoceli molto avanzati.

Sia la terapia medica a base di estrogeni che l’eventuale uso del pessario sono considerati rimedi temporanei nel caso di rettoceli in stadio avanzato.

Quando il prolasso è consistente, e i sintomi del rettocele condizionato enormemente la qualità di vita della paziente, l’unica soluzione attuabile è l’intervento chirurgico.

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Il biofeedback e l’elettrostimolazione come terapia per il rettocele?

È possibile utilizzare i protocolli del biofeedback e dell’elettrostimolazione per la riabilitazione del pavimento pelvico, non dissimilmente dai trattamenti che vengono attuati per la cura della stipsi cronica.

La paziente è istruita nel contrarre i muscoli i muscoli del piano pelvico e a tutta una serie di movimenti rieducativi che, in molti casi, si dimostrano molto efficaci per contrastare i sintomi dei rettoceli moderati.

Grazie all’evidenziazione sonora o visiva, la paziente viene istruita ed informata sulla contrazione della sua muscolatura, imparando quindi a ponzare efficacemente.

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L’intervento chirurgico per la cura del rettocele


L’intervento chirurgico per il rettocele è l’unica soluzione praticabile quando la patologia ha raggiunto livelli di elevata gravità, e l’entità del prolasso è divenuta severa (rettoceli di II o III grado).

L’intervento rientra nelle competenze della chirurgia colon-rettale, ed è pertanto praticato, di norma, da un chirurgo colonproctologo.

Lo scopo dell’intervento è riportare il retto nella fisiologica posizione anatomica originale.

Attualmente, non esiste nessuna tecnica universale per ogni tipo di situazione di prolasso del rettocele: ogni chirurgo dispone di una sua tecnica sperimentata, e l’approccio dell’intervento può essere addominale, perineale, trans-anale, trans-vaginale oppure una tipologia combinata.

Qualsiasi sia l’approccio scelto, l’intervento deve garantire alla paziente un ritorno alla normalità, restituendole quindi la funzionalità ano-retto-vaginale ed evitando possibili complicanze.

Se il rettocele è accompagnato da prolasso uterino o cistocele, è possibile combinare gli interventi in una sola operazione.

L’intervento chirurgico può riportare il retto ad una posizione di normalità e ricostruire plasticamente la parete retto-vaginale eventualmente lacerata, ma deve comunque sempre essere accompagnato da un’opportuna riabilitazione e, soprattutto, un’obbligatoria prevenzione.

Eventuali recrudescenze del prolasso sono sempre possibili, specie quando la paziente non adotta stili di vita ed abitudini idonee a scongiurare i noti fattori di rischio.

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Non impressionarti, non spaventarti ma altresì non sottovalutare nessun sintomo: rivolgiti sempre ad un medico.

Ricordati che...
Quindi ricorda che...
  • Il rettocele è una patologia tipicamente femminile, e consiste nel progressivo prolasso nel retto nella cavità vaginale;
  • Esistono tre gradi di severità del rettocele, dal più lieve e spesso asintomatico, al più severo, con prolasso del retto al di fuori dell’apertura vaginale;
  • Il rettocele è, essenzialmente, un problema legato a doppio filo all’età della donna e al numero di parti vaginali che ha avuto nel corso della sua vita fertile;
  • La maggior parte delle donne sperimenta un rettocele di I grado asintomatico nel corso della propria esistenza;
  • Rettoceli di lieve gravità possono essere trattati con fisioterapia, biofeedback, elettrostimolazione o terapia farmacologica;
  • Rettoceli di elevata gravità e severo prolasso devono essere trattati chirurgicamente, con un intervento ricostruttivo
Il Dott. Attilio Nicastro è un chirurgo colonproctologo specializzato nel trattamento delle patologie del colon, del retto e dell’ano.
Da anni studia e sperimenta tecnologie chirurgiche a bassa invasività e con basso dolore post operatorio per risolvere nel modo meno traumatico possibile i problemi di prolasso emorroidale, di ragadi e di fistole anali.
Nel corso della sua trentennale professione, ha operato con successo migliaia di pazienti affetti da patologia emorroidale, avendo sempre un particolare riguardo verso l’importanza di conservare la normale funzionalità anale, garantendo al contempo risultati duraturi.
Il Dott. Attilio Nicastro opera come Responsabile nel Dipartimento di Colonproctologia dell’European Hospital di Roma, e riceve nei suoi studi di Roma, Milano, Lecce e Lamezia Terme.
Per maggiori informazioni su tutte le attività di studio e ricerca del dottor Attilio Nicastro, puoi visionare il suo sito web attilionicastro.it oppure collegarti alla sua pagina personale Facebook seguendo questo indirizzo.
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